27 ottobre 2007

Appartenere

Ci ho messo un po' a tradurlo, perché il mio inglese è a mala pena scolastico, ma questo pensierino di Gabriel Marcel, che in origine sarà stato in francese, sull'appartenere, mi è piaciuto moltissimo. Grazie a chi lo ha messo in rete e a chi lo ha rilanciato.


The more one reflects on it, the more one is convinced, I believe, that the passage from constraint to freedom is accomplished in belonging. This, however, opens up a vast field for meditation. How indeed shall we judge the modern anarchical notion of freedom which implies precisely the fact of not belonging to anybody or anything? Analysis discloses that what is here presented as a plenitude may be after all only a void. We should closely examine, however, the historical relation between this anarchical individualism and a socialism which at first sight seems to be opposed to it in every respect, since they have not only developed concurrently, but have even at times encroached on one another; as though, by a clearly marked dialectic, the unity without content of a self which belongs to nobody gave birth to the false plenitude of a social idolatry to fill or absorb it.

24 ottobre 2007

Insegnare, imparare

Da Avvenire di oggi (“Mattutino” di monsignor Gianfranco Ravasi):


«C'è un duplice vantaggio nell'insegnare perché, mentre si insegna, si impara.»
«Insegnare è imparare due volte.»

Ho anch'io insegnato per anni; anzi, lo stesso fare conferenze è una forma di impartire lezioni e, per questo, condivido il succo delle due frasi sopra citate. Esse provengono da due autori distanti secoli tra loro: la prima è tratta dalle Lettere a Lucilio di Seneca, il famoso filosofo latino del I sec. a.C.; la seconda, invece, è desunta dai Pensieri di un autore francese molto meno noto, Joseph Joubert (1754-1824). La coincidenza tematica è evidente: quando si insegna, si impara, non solo perché si è costretti a chiarire a noi stessi quello che affermiamo, ma anche perché spesso si procede ulteriormente, assieme al discepolo, nella conoscenza. Si è detto che all'inizio si insegna quello che si sa, mentre, giunti alla maturità piena dell'intelligenza, si insegna ciò che non si sa e questo significa ricercare assieme all'alunno la verità. Certo è che tutte le cose che si sono insegnate con serietà sono rimaste in noi in modo più incisivo rispetto a quelle che si sono solo studiate o apprese. Ha, quindi, ragione Joubert: insegnando s'impara due volte. Purtroppo si deve riconoscere che ai nostri giorni s'insegna sempre meno: i genitori sono esitanti nel consigliare e ammonire i loro figli; la scuola si affida a programmi semplificati; i docenti sono non di rado demotivati e si riducono a stanchi ripetitori; la stessa catechesi ecclesiale è in crisi. Cristo quando saluta i suoi apostoli dice loro: «Andate e ammaestrate"». Dovremmo, in tutti i campi, con semplicità e umiltà ritornare a insegnare e a imparare.

16 ottobre 2007

Misurare le parole

Che si ecceda nell'uso della parola può a volte implicare risposte come questa. Alla quale mi associo con convinzione.

13 ottobre 2007

Sorridere

Ringraziamento per il sorriso


Signore glorioso,
che hai portato tanta gioia nella mia vita,
io ti ringrazio con il sorriso
quando vedo la ricchezza delle tue benedizioni.

I miei occhi sorridono
quando vedo dar da mangiare ai bambini
che soffrono la fame.

E si apre al sorriso la mia bocca
quando vedo la gente rispondere
alla tua chiamata.
O Signore,
apri la mia bocca e riempila di sorriso.
E noi conosceremo la tua vera essenza
e rideremo cantando le tue lodi.

Grazie
per questo fantastico sorriso gioioso,
Signore.

Madre Teresa di Calcutta



07 ottobre 2007

Navigazione


Signora, il cui santuario sta sul promontorio, prega per tutti quelli che sono sulle navi, per coloro che le guidano, per quelli che cercano il pesce, per quelli occupati in ogni onesto lavoro. Prega anche per le donne che hanno visto i loro figli o mariti partire e non tornare. Figlia del tuo Figlio, Regina del cielo, prega anche per quelli che finirono il viaggio sulla sabbia o nella gola oscura del mare o dovunque non li potrà raggiungere il suono della campana dell’Angelus perpetuo.

Thomas S. Eliot, Quattro quartetti (cit. da monsignor Gianfranco Ravasi nel "Mattutino" su Avvenire di oggi)

05 ottobre 2007

Chiesa perseguitata

Vi sono tentativi di portare avanti una visione del mondo, che nella sua forza distruttiva, può essere paragonata ad una persecuzione esterna contro la Chiesa. La minaccia per la religione in generale e per il cristianesimo in particolare è quella di essere emarginata.



Noi, i cristiani, dobbiamo trovare la possibilità di testimoniare insieme la verità del Vangelo e degli eterni valori morali. In effetti, vediamo che la società contemporanea, perdendo le basi etiche e seguendo falsi valori, diviene sempre più inumana e crudele, generatrice di tanti conflitti e contrasti sia tra le persone che fra comunità e popoli.

Alessio II, Patriarca di Mosca. durante l’incontro con la comunità cattolica a Parigi.
Asia News, via Gino.

02 ottobre 2007

Se non diventerete come bambini ...

Splendido "Mattutino" di monsignor Gianfranco Ravasi su Avvenire di oggi, ispirato dalla figura di santa Teresa di Gesù Bambino. Tutto per arrivare a questa esortazione: "Torniamo alla vera infanzia dello spirito che è libertà e generosità silenziosa".

Nelle grandi cose gli uomini si mostrano come a loro conviene mostrarsi. Nelle piccole, invece, si mostrano come sono.

Aveva solo 24 anni quando morì nel Carmelo di Lisieux che aveva varcato appena quindicenne. Ieri la liturgia commemorava la figura di santa Teresa di Gesù Bambino, la cui semplicità, innocenza e interiorità conquistarono anche uno scrittore ebreo come Joseph Roth che la fece brillare nell'autobiografica Leggenda del santo bevitore (1939), divenuta nel 1988 uno splendido film di E. Olmi. Noi oggi riproponiamo quel volto femminile, affidandoci a un tema caro alla santa, quello delle "piccole cose", dell'infanzia spirituale, limpidamente illustrata dal Salmo 131: «Signore, non si inorgoglisce il mio cuore e non si leva con superbia il mio sguardo, non vado in cerca di cose grandi, superiori alle mie forze. Io sono tranquillo e sereno come un bimbo svezzato in braccio a sua madre». La riflessione ci è offerta da uno scrittore moralista settecentesco francese, Nicolas de Chamfort, noto soprattutto per le sue Massime e pensieri. Le sue sono parole sacrosante. Quando siamo in pubblico, cerchiamo di far colpo con tutte le risorse possibili, comprese quelle dell'inganno, del fuoco di paglia, dell'ipocrisia. Le "grandi cose" sono per buona parte frutto di abile propaganda e persino di mistificazione. Nelle "piccole cose", quando non è necessario allargare la ruota del pavone, ciò che conta è la realtà, la fedeltà, la pazienza. Ed è qui che si svela ciò che noi siamo: forse banali, superficiali, allergici al sacrificio, egoisti e "piccini", non nel senso dei "bambini" evangelici " che incarnerebbero il nostro tema " ma nel senso di gretti e meschini. Torniamo, perciò, alla vera infanzia dello spirito che è libertà e generosità silenziosa.